4. Il pioppo Carolina di Santena: la lotta per la conservazione di un patrimonio storico

Negli anni Ottanta del Novecento, il comune di Santena è diventato il protagonista di una battaglia per il riconoscimento e la protezione di un clone di pioppo conosciuto come “Carolina di Santena”. Questo clone, di origine americana, era coltivato nelle campagne di Santena sin dalla fine dell’Ottocento grazie alla sua introduzione sul territorio da parte della famiglia Cavaglià.

Il “Carolina di Santena” si era distinto nel tempo per le sue straordinarie qualità produttive e resistenza alle avversità ambientali, guadagnando una reputazione positiva tra i coltivatori locali. Tuttavia, nonostante il suo ampio utilizzo e l’alto valore economico, il clone non era registrato nel registro nazionale dei cloni forestali. Questo status irregolare ha portato il Corpo Forestale dello Stato a imporre restrizioni sulla commercializzazione del pioppo Carolina, minacciando di cancellare questo storico clone dal libero mercato e quindi di privare Santena di un suo patrimonio genetico e della memoria.

In risposta, l’amministrazione comunale, guidata dall’allora sindaco Luigi Corbetta e dall’assessore all’agricoltura Costanzo Ruella, ha avviato una campagna per ottenere il riconoscimento ufficiale del clone. Hanno coinvolto enti e associazioni agricole regionali, cercando di far capire l’importanza storica e genetica del Carolina di Santena.

La richiesta era chiara: inserire il clone nel registro nazionale, consentendone la libera coltivazione e commercializzazione anche in terreni diversi da quelli del vivaio di produzione.

L’Istituto Sperimentale di Pioppicoltura di Casale Monferrato ha supportato la richiesta, avendo già sperimentato e dimostrato l’efficacia di cloni simili al Carolina, noti per la resistenza e produttività.

Questa vicenda ha rivelato quanto un singolo clone di pioppo potesse rappresentare non solo un valore economico, ma anche un pezzo di storia e cultura locale che i cittadini di Santena non erano disposti a perdere.


Questa storia mostra un esempio interessante di come le amministrazioni locali, supportate dalla ricerca scientifica e dalla comunità, possano giocare un ruolo decisivo anche nella salvaguardia del patrimonio genetico e agricolo locale, trasformando un albero in simbolo di identità e tradizione.